66 – Riqualificazione – La CISL scrive alle commissioni giustizia del parlamento

/ Luglio 14, 2015/ Ministero della Giustizia

Disegno di Legge (AC 3201) “Conversione in legge del decreto-legge 27 giugno 2015, n. 83, recante misure urgenti in materia fallimentare, civile e processuale civile e di organizzazione e funzionamento dell’amministrazione giudiziaria”

Tra gli interventi posti in essere sulla giustizia dal governo, tralasciando i provvedimenti in tema di diritto civile e penale, sostanziale e processuale, si possono indicare: l’attuazione del processo civile telematico, preludio alla integrale digitalizzazione delle cancellerie e delle segreterie giudiziarie; l’ufficio per il processo, che è una struttura di supporto qualificato all’attività del magistrato, della quale fanno parte insieme al personale di cancelleria anche magistrati onorari e tirocinanti alle professioni legali; la riforma del fine pena che, realizzata sotto l’impulso della sentenza Torregiani, consente ai condannati scontare “ai domiciliari” l’ultima parte della pena sì deflazionando la popolazione carceraria; la riforma organizzativa del ministero, che riordina profondamente l’amministrazione centrale e realizza per l’organizzazione giudiziaria un sia pur embrionale decentramento amministrativo; l’accentramento presso il ministero della competenza in materia di mantenimento degli uffici giudiziari che, per tale motivo, viene sottratta ai comuni; finanziamenti per 120 milioni di euro su base triennale, erogati con la legge di stabilità.
Quest’insieme di interventi non è accompagnato da una politica degli organici. Il Ministero della Giustizia, nelle sue quattro fondamentali articolazione (amministrazioni giudiziaria, penitenziaria, della giustizia minorile e degli archivi notarili), ha un organico di poco superiore alle 52.000 unità. Il personale in servizio supera di poco le 40.000 unità circa.
Particolarmente grave è la scopertura di organico dell’amministrazione giudiziaria. Tale scopertura, superando le 9.000 unità, si attesta intorno ad una percentuale superiore al 20% su base nazionale, con picchi anche del 30% negli uffici del nord.
Se le riforme “camminano sulle gambe degli uomini” è realistico pensare che gli interventi normativi del governo sulla giustizia possono sortire effetti positivi solo se si mette mano seriamente agli organici, dotando l’amministrazione della giustizia di ulteriore e qualificato personale.
Per fare questo, a nostro avviso, occorre partire dalla valorizzazione del personale attualmente in servizio. Innanzitutto per un atto di giustizia perché questo personale ha “sopportato” la carenza di personale, cagionata dal pluridecennale blocco del turnover, assicurando comunque i servizi ai cittadini e, per quanto riguarda l’organizzazione giudiziaria, perché non ha avuto mai la possibilità di ottenere una “progressione di carriera”, a differenza di tutti gli altri pubblici dipendenti. In secondo luogo perché all’interno dell’amministrazione sono già disponibili quelle professionalità che occorrono per realizzare le riforme, ossia per attuare, ad esempio, l’ufficio per il processo, la integrale informatizzazione dei servizi di cancelleria, la riforma organizzativa del ministero, ecc.
Valorizzare il personale interno significa in sostanza realizzare il dodicesimo punto del programma di governo sulla giustizia (la riqualificazione), rimasto inspiegabilmente ad oggi lettera morta, sì rendendo esigibile il diritto alla carriera del personale, in particolare della organizzazione giudiziaria, attraverso le progressione tra le aree (accorpando le figure originariamente collocate su due aree) ed attraverso le progressioni (solo economiche) nelle aree.
Per realizzare una vera e seria politica degli organici, propedeutica alla realizzazione delle riforme, urgono inoltre nuove assunzioni di personale, giovane, motivato e titolato. L’età media del personale in servizio negli uffici giudiziari è di 55 anni. Trattasi, pertanto, di personale con moltissimi anni di servizio e, considerata la disastrata situazione degli uffici, sovente demotivato e provato. Allora ben venga la mobilità da altre pubbliche amministrazioni ma solo a condizione che la stessa si coniughi con la “riqualificazione” del personale interno e con nuove assunzioni.
Se l’amministrazione giudiziaria ha un bisogno quasi disperato di personale, allora non si possono ignorare i lavoratori cassaintegrati, in mobilità, socialmente utili, nonché i disoccupati e gli inoccupati che, a partire dall’anno 2010, hanno partecipato a progetti formativi presso gli uffici giudiziari; inizialmente finanziati da province e regioni e successivamente finanziati con quota parte delle maggiori entrate derivanti dall’aumento del contributo unificato. Costoro hanno dato un contributo considerevole al buon funzionamento degli uffici giudiziari ed hanno acquisito una professionalità “sul campo” la quale costituisce un patrimonio che non può essere dilapidato. Per tale motivo riteniamo del tutto conforme al principio di buona amministrazione in prospettiva la progressiva stabilizzazione di questo personale.
Nel testo del d.l. 83/2015 è prevista esclusivamente la mobilità in entrata di un contingente massimo di 2.000 unità di personale amministrativo proveniente dagli enti di area vasta. Non solo ma nel testo della relazione tecnica si legge che la predetta mobilità “costerà” 92 milioni di euro posti a carico del fondo per il recupero di efficienza del sistema giudiziario e il potenziamento dei relativi servizi, ossia a carico di quell’investimento di 120 milioni per la giustizia previsto dalla vigente legge di stabilità.
Nessuna “riqualificazione” del personale interno, nessuna assunzione è prevista dalla norma de qua. Se si considera che ogni anno nella sola organizzazione giudiziaria ci sono circa mille pensionamenti e che la mobilità in entrata da altre pubbliche amministrazioni, in particolare dagli enti di area vasta, prevista dal DL 83/2015 e dal bando già pubblicato il 20 gennaio scorso, ammonta ad un totale di 3.031 unità entro il 2017, si può affermare, senza possibilità di essere smentiti, che il governo sta riformando la giustizia senza aggiungere nel triennio un solo lavoratore agli esangui organici del ministero.
Questo è il modo non di risanare la giustizia, questo è il modo di peggiorare ulteriormente la situazione.
Ciò posto, si chiede che l’art. 21 del DL 83 citato sia emendato nel senso che siano previste misure in favore della riqualificazione del personale interno, un bando di concorso pubblico per nuove assunzioni, all’esito, la mobilità in entrata da altre pubbliche amministrazioni ed infine la progressiva stabilizzazione del personale distaccato.

Memoria
Testo normativo